martedì 20 novembre 2007

Parole per Alessandro

Alessandro compie 18 anni. Non so se si rende conto che da oggi la sua vita cambierà radicalmente. Dentro di lui la consapevolezza arriverà gradualmente ma la società ed i suoi individui dal 21 novembre 2007 lo considereranno un adulto a tutti gli effetti. Ti auguro di farcela a trovare nella tua vita la serenità e la felicità che io nella mia ho incontrato poche volte ed in modo discontinuo. Non so se prima o poi leggerai queste poche righe nelle quali sto cercando di dirti che ti voglio bene e te ne vorrò sempre nonostante ultimamente non comunichiamo. In questo momento sono molto concentrato su di me e non credo che riuscirei a darti molto di più di quel poco che ti do. Del resto anche tu, credo, sei sotto il fuoco di milioni di sollecitazioni, alcune delle quali richiedono attenzioni speciali. Come già sai sto scrivendo un libro di cui, come regalo personale, ho deciso di postare una piccola parte dell’attuale introduzione, sperando che prima o poi giunga alla tua personale attenzione e che ti possa essere di aiuto nella tua vita da adulto. Un grande bacio. Papà


“Già, le vicende.

Da una parte l’esuberanza, la voglia di vivere, il vigore, l’energia che deve manifestarsi, la bellezza della scoperta, le ferite più profonde e indelebili unitamente al timore, ai condizionamenti educativi, alla paura che ti costringe comunque a stare da una parte nel turbinio della vita che esplode, e dall’altra la solitudine della non appartenenza, il dolore del corpo, la disperazione del pensiero che si rincorre, la consapevolezza della morte, il panico della paura.

E in mezzo? Il ponte ad arco e le sue uniche funzioni, le due vie esclusive umanamente percorribili, una sopra ed una sotto.

Sul ponte osservavo la lontananza e la bellezza del mondo.
Mi sentivo protetto, costantemente rassicurato dalla solidità della struttura, ingegnosa, che delineava il percorso e la direzione e che, magicamente, mi consentiva di saltare oltre il vuoto sottostante. In un attimo o poco più avrei potuto abbracciare non solo la visione e la sua indotta emozione ma avrei toccato, palpato, annusato, mi sarei riempito i polmoni di aria reale, e tutti i racconti sarebbero svaniti in un momento, lasciando libero lo spazio solo per la vita, e proprio lì, adesso, in quel preciso istante, dall’altra parte, sentire dentro una morsa allo stomaco, il segno tangibile ed inalienabile dell’emozione dirompente che si fa pensiero, mentre all’unisono, voltandoti, non potrai fare a meno di ricordare tutta la vita fino ad ora e lì, di nuovo, una morsa allo stomaco, devastante, nel tentativo di riempire i polmoni e il cuore dell’aria dei sogni e della sua esclusiva compagnia.
Ecco, ora ho provato il primo vero dolore.
Ma il mondo era tutto dispiegato davanti a me, maestoso, variegato, allettante.

Sotto il ponte osservavo le tenebre e l’essenza della terra.
Mi ero costruito una barca su misura, perfetta, incredibilmente efficace.
I pericoli potevano magicamente essere ignorati e comunque era sotto che dovevo guardare, e stare in superficie lo stretto necessario per sopravvivere.
Ai lati la vita naturale era costantemente nascosta, e tutte le attrazioni si calamitavano spontaneamente ad innescare il bisogno di comprendere, e tutte le emozioni potevano essere analizzate e finalizzate.
Che sensazione idilliaca!!!
Ogni nuovo stadio di consapevolezza accendeva nel corpo la ridondanza del godimento e la mente poteva condurre nel tempo e nello spazio le emozioni, e le sensazioni che ne partorivano potevano essere mantenute e convogliate in ogni direzione, e da questa estasi si poteva ricercare un’altra estasi, diversa, inesorabilmente più intensa, più orgiastica, più onnipotente.
Ero solo, esclusivamente con me stesso, ma il mondo era tutto dentro di me, onirico, magnifico, unico.”


Io preferisco vivere in superficie anche se sono naturalmente attratto dai processi che conducono alla comprensione delle cose nei quali spesso mi rifugio.

Fuori Tema


So che Maria Cristina non ce ne vorrà se Paolo ed io usiamo il nostro blog per congratularci con un'amica che, finalmente, si ritrova tra le mani il frutto di un duro lavoro.
Lavoro che Paolo ed io abbiamo avuto la fortna di testimoniare, interrompere, sabotare ed apprezzare!
COMPLIMENTONI Maria Cristina! Finalmente potrò leggere il tuo libro non vedo l'ora.
Vorrei consigliarvi "Mio Padre mi Chiamava Luna" di Maria Cristina Valeri edito dalla Libreria Croce, anche se ancora non l'ho letto, solamente perché conosco Maria Cristina, solamente perché ho visto quanto di se stessa ci ha messo dentro, riuscendo ad estraniarsi in mezzo alla confusione più totale (scusa ancora per la mia opera di distrazione!). polle!
Grande libro, un percorso che tutti noi dovremmo fare. Avrai sicuramente un grande successo! Paolo.
Quello che vogliamo dire a chi leggerà questo post è di dare fiducia ad una nuova autrice... a puntare sull'ignoto piuttosto che sulla certezza dei grandi autori.
A volte la strada più bella la troviamo quando lasciamo l'autostrada per perderci tra piccole strade di campagna!


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Listening to: Ben Harper - The Drugs Don't Work
via FoxyTunes

lunedì 19 novembre 2007

"Dubbio del pensiero" ovvero possibile traduzione de "La riserva mentale"

Dubbio del pensiero, mi dicevo, quando con rigorosa attenzione stavo cercando una risposta sensata al famoso interrogativo: “ Essere o non essere…”!

Un problema, un dilemma, una semplice pippa mentale, non so. Sta di fatto che tra il dire e il fare c’è (sempre) di mezzo il mare. Ora il problema è come rendere comunicabili tra loro, senza soluzione di continuità ed in tempo reale, le due sponde.

Possibili soluzioni prese a prestito dal libro “Chiamalo come vuoi”: “ Nell’immagine futura dell’azione correva sempre più forte per recuperare il pallone. Fuori dallo spazio reale corre e vola “. Ed ancora: “ Non ha senso domandarsi, non ha senso rispondersi. Il problema esiste quando non si agisce. La soddisfazione esige sempre un’azione “. Ed ancora: “ Il rito propiziatorio ha senso se ci credi. Programma il tuo computer a riconoscere il nonsense”.

E comunque non c’è soluzione. L’unica cosa che funziona è tenere costantemente sotto di te il dubbio del pensiero affidandosi alla sorte delle reazioni istintive.

domenica 18 novembre 2007

Ritrovarsi

Libreria del centro.
Io sono lì a presentare il mio secondo libro, tu non lo sai, stai soltanto cercando un testo tecnico che ti aiuti a finire il tuo complicatissimo nuovo racconto.
Forse riconosci la mia voce, o più probabilmente, incuriosito dal gruppetto di persone che mi circondano, ti avvicini. Io come al solito parlo e nella foga del discorso non mi accorgo che ormai sei accanto a me. Resti fermo, sorridi ed aspetti, sai che prima o poi le chiacchiere concederanno al mio sguardo di voltarmi e riconoscerti. Finalmente mi giro ed un’emozione grande spalanca verso di te un sorriso gioioso.
Paolino!!!
Ti abbraccio forte. Tu ridendo contraccambi. Poi sempre sorridendo ti scosti un po’, mi guardi e dici convinto che si, sono sempre io, non sono cambiata e questo taglio di capelli tutto sommato, mi sta proprio bene. Ti abbraccio ancora più forte, ringraziandoti.
Mi chiamano ma ho voglia di parlarti.
“ Mi aspetti?” ti chiedo “ Potremmo prenderci una cosa insieme e raccontarci questi anni”.
Guardi l’orologio e come al solito te la tiri un po’, poi alzi il muso verso l’alto, come fai sempre, e con aria un po’ sostenuta dici: “ Va bene, ti aspetto!”
Sono contenta, quest’incontro inaspettato mi fa veramente piacere e forse l’aspettavo da un po’.
Dopo una decina di minuti riesco a svincolarmi e ti raggiungo. Sotto braccio ci avviamo all’uscita.
Per la strada iniziamo a parlare, le domande si susseguono alle risposte che corrono veloci.
Finalmente troviamo un luogo dove sederci a bere una cosa e ci ritroviamo come qualche anno fa, uno davanti all’altra, a parlare fitto fitto, di noi, di questi anni in cui non ci siamo visti, dei nostri libri, degli amici comuni.
Mi sei mancato.
Come ho fatto a stare senza i nostri ingarbugliati discorsi, senza la schiettezza dei tuoi folli commenti?
Tu ridi spesso ai miei racconti ed io capisco che anche tu hai sentito la mia mancanza.
Ma perché non ci siamo più visti?
Non ti sembra vero che te lo chieda ed attacchi il solito sermone sulla mancanza di quotidianità e, soddisfatto, affermi che evidentemente avevi ragione tu quando sostenevi che l’amicizia ha bisogno di frequentazione.
Ma anche io non ho cambiato idea e non mollo, al contrario. ti guardo con aria di sfida dritto negli occhi e ti dico che il non vedersi non ha cambiato di una virgola il mio affetto per te e che parlarti è sempre un gran piacere. Tu sei contento, forse non te l’aspettavi o forse non ti aspettavi tutto questo entusiasmo, questa intatta voglia di ritrovarsi. Ma io sono io, te l’ho sempre detto e le infinite ore passate a parlare con te non sono sfumate nel nulla. Tu sei scettico, esattamente come mi aspettavo, e mi dici che sarà comunque difficile ristabilire il legame di qualche anno fa.
“ Ah si, credi?”
“ Si, penso di si.” Mi rispondi asciutto.
“ Bene, guarda l’orologio, ti sei accorto quante ore sono che stiamo qui a filosofeggiare?
“ Cazzo! Le due!”
E già Paolino, sono proprio le due di notte e tu non te ne sei neanche reso conto. A questo punto chi di noi due aveva ragione?

venerdì 16 novembre 2007

9.30 al Bancone del Bar

Marino prende sempre cappuccino e cornetto. Sisto un caffé macchiato freddo. Tutte le mattine s’incontrano, eppure non si conoscono. Parlano tutte le mattine, ma non direttamente. Parlano attraverso di me, con me sfogano i loro dubbi e le loro paure, a me palesano le loro gioie e i loro sogni. Non si parlano ma si ascoltano, facendo finta di niente... E io intravedo l’invidia nei loro occhi. Negli occhi di Marino quando Sisto mi parla degli exploit del figlio Felice sul campo di calcio, negli occhi di Sisto quando Marino mi racconta dell’ultima conquista sentimentale. Colgono solo le luci e i vantaggi della vita dell’altro, sembra quasi che vogliano scambiarsi le parti.

Chissà, forse un giorno Marino ordinerà un caffé macchiato freddo e Sisto un cappuccino e un cornetto.



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Listening to: Steppenwolf - The Pusher
via FoxyTunes

lunedì 5 novembre 2007

" Oltre il......" da " Chiamalo come vuoi"

Oltre il bisogno dellidea.

Nellessenza degli spazi della vita.

Nella gabbia dellaccettazione.

Nellabbraccio della comprensione.

Nella tensione della sospensione.

Nellespansione e nella compressione.

venerdì 2 novembre 2007

Piede Destro, Piede Sinistro

Marcello viveva solo. Tutte le mattine, prima di prepararsi il caffé annaffiava i geranei che coltivava gelosamente sul davanzale della finestra della sua camera da letto che dava sul cortile interno del caseggiato dove viveva.
Era una persona strana, atipica, conosceva moltissime persone ma di amici, veri, non ne aveva. Neanche i soldi erano una preoccupazione, aveva un bel lavoro, che adorava, figlio di una sua passione nata con lui, un lavoro che gli dava enormi soddisfazioni.
Navigava tranquillo in questa vita moderna, senza scendere dalla linea di galleggiamento che lo teneva al riparo dalle situazioni estreme che portano a cambiamenti non sempre voluti.
La sua ancora di salvezza erano le sue scarpe. Ne aveva un solo paio, vecchie, logore, consumate dalle sua passeggiate serali per le strade di Toledo. Quando pioveva imbarcavano acqua da tutte le parti, eppure non riusciva a disfarsene. non riusciva a pensare di doversi adattare a nuove tomaie, nuove solette. Quelle scarpe lo seguivano ovunque, docili, fedeli. Come avrebbe potuto tradirle?

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Listening to: Rolling Stones - Wild Horses
via FoxyTunes